Casi di straining

Nella progettazione delle attività di un lavoratore vanno presi in considerazione numerosi parametri tra cui la possibilità che un nuovo software possa non rendere comodo il lavoro stesso e possa diventare caso di stress.

Questo esempio lo spiega bene – Fonte Il Gazzettino 12.03.2023 (linkpermalink)

Datore di lavoro condannato per straining: anni di soprusi al dipendente

Ha subìto una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, il cosiddetto “straining”, concretizzatosi in comportamenti intimidatori e vessatori da parte dei superiori, che lo hanno progressivamente demansionato per poi lasciarlo di fatto senza alcun incarico, provocandogli una sindrome ansiosa depressiva. Un impiegato in servizio dal 2010 all’Istituto studi militari marittimi (Maristudi) di Venezia si è rivolto al Tribunale di Venezia ottenendo la condanna del ministero della Difesa al pagamento di oltre 56 mila euro a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, oltre a 10 mila euro di spese di lite. Il ministero dovrà versare al dipendente anche le somme relative alle ore di straordinario da lui prestate e che non gli furono retribuite con motivazioni pretestuose.
La sentenza, firmata dalla giudice Chiara Coppetta Calzavara, ha accolto le richieste formulate dai legali dell’impiegato, gli avvocati Paolo Emilio Rossi e Fabio Casertano.

PIÙ INCARICHI E MENO LIBERTÀ
L’uomo, oggi cinquantenne, nato a Belluno e residente a Nervesa della Battaglia, fu assunto a Maristudi nel 2010, dopo aver vinto un concorso per operatore amministrativo. Nel ricorso presentato al Tribunale l’uomo riferisce che fino al 2013 la sua attività si svolse serenamente e senza criticità, tanto da ricevere un elogio e un elevato punteggio di performance. Con l’arrivo di un nuovo direttore di settore la situazione cambiò radicalmente: a seguito dell’introduzione di un nuovo software operativo, aumentarono i carichi di lavoro e l’impegno richiesto al dipendente, il quale fu costretto a svolgere numerose ore di straordinario che non gli furono retribuite.
Da quel momento il dipendente fu costretto ad assentarsi per alcuni periodi di malattia, a causa di uno stato ansioso-depressivo, e iniziarono gli atteggiamenti vessatori da parte dei superiori, che gli rifiutarono l’orario flessibile e gli revocarono la possibilità di rinunciare alla pausa di riposo di mezz’ora che gli consentiva di uscire prima per rientrare più comodamente a casa, nel Trevigiano.

QUALIFICA REVOCATA
Per giustificare il mancato pagamento degli straordinari gli fu revocata anche la qualifica di videoterminalista (nonostante il suo lavoro fosse prevalentemente al terminale) e quindi fu avviata una procedura per arrivare al suo licenziamento chiedendo per lui una visita medica che però si concluse, contrariamente alle attese, con una dichiarazione di idoneità. Dopo 5 anni di soprusi e di un progressivo isolamento, il dipendente si è rivolto al giudice.
Il ministero della Difesa potrà impugnare la sentenza in appello.